Il tema delle concessioni demaniali marittime è sempre stato foriero di veementi dibattiti i quali, recentemente, sono stati acuiti dalla legge n. 145/2018 con cui è stata disposta la proroga di diritto delle predette concessioni per quindici anni. Tale scelta, per vero, si inserisce in un contesto giuridico piuttosto complesso in quanto caratterizzato, da quasi un ventennio, da un evidente contrasto tra la normativa interna e quella europea e su cui si è anche espresso il Tar Lecce. Quest’ultimo, infatti, ha affermato (sent. n. 72/2021) che l’amministrazione comunale non può disapplicare la norma interna che prolunga la validità dei titoli fino al 2033, nemmeno se questa è ritenuta in contrasto con il diritto europeo che impedirebbe ogni forma di rinnovo automatico delle concessioni.
La Direttiva Bolkestein, ha sottolineato il Tar salentino, non trova applicazione diretta nell’ordinamento italiano e, pertanto, in assenza di normativa nazionale che ne disciplinerà il recepimento, un singolo Comune dovrà, salvo incorrere nel vizio di violazione di legge, concedere la proroga richiesta. Qui deve necessariamente rilevarsi come la decisione in esame si ponga in controtendenza rispetto ad un diverso e consolidato indirizzo della giurisprudenza amministrativa orientato all’affermazione della supremazia del diritto eurounitario rispetto a quello interno e che tende a riconoscere l’efficacia diretta del primo nell’ordinamento degli Stati membri.
È stato ormai chiarito dalle numerose sentenze sul punto (compresa una pronuncia della CGUE) che la scelta di adottare regimi di proroga automatica delle concessioni in scadenza si pone in aperto contrasto con la citata Direttiva Bolkestein che impone agli Stati Membri di garantire il rilascio di concessioni sul demanio marittimo solo per un periodo limitato e mediante una procedura di selezione aperta, pubblica nonchè basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi. E tale esigenza, secondo il perimetro tracciato dalla Direttiva, è centrale proprio in relazione alle concessioni di porzioni di demanio marittimo stante la “scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili”. Del resto, la necessità di rispettare il principio della concorrenza è stata da tempo affermata dal Consiglio di Stato che di recente ha ribadito «l’invalidità di norme nazionali che prevedano proroghe automatiche in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati» (sent. 1416/2021), sottolineando come il mancato ricorso a procedure di selezione pubblica e trasparente determina un ostacolo all’ingresso di nuovi soggetti nel mercato.
Il conflitto normativo discende, in realtà, da una incolmabile differenza di vedute: nella prospettiva sovranazionale, infatti, l’interesse (secondario) del titolare della concessione a conservare il titolo può venire in rilievo sempre e solo nell’ambito della procedura competitiva, la quale rappresenta la sede più opportuna per consentire alla Pubblica amministrazione di valutare, sulla base di criteri oggettivi e predeterminati, l’opportunità di prorogare la concessione in scadenza. In quest’ottica, in assenza di un – auspicabile – intervento legislativo di adeguamento, per il Tar Puglia, nella fattispecie esaminata, la violazione da parte dello Stato italiano degli obblighi derivanti dalla sua adesione al Trattato Ue deve rimanere sullo sfondo e, cioè, “sul diverso e parallelo piano che attiene al rapporto Stato/Unione europea”. In tale quadro accidentato si aggiunga un’ulteriore circostanza: la Commissione Europea, infatti, lo scorso dicembre ha avviato l’ennesima procedura di infrazione nei confronti dell’Italia sul tema della proroga automatica delle concessioni demaniali.
Dunque, che fare? La pluralità di interessi, spesso confliggenti, che oggi coinvolgono il demanio marittimo e, in particolare, la sua gestione ed il suo uso, rende l’argomento in esame di non facile soluzione. L’incertezza normativa e le diverse interpretazioni giurisprudenziali rendono difficoltoso non solo il compito del funzionario pubblico preposto al rilascio dei titoli concessori sul demanio ma, anche, incidono nevralgicamente sulla posizione del concessionario, il quale deve valutare e calibrare gli investimenti per la migliore riuscita della propria iniziativa imprenditoriale.
Occorre che il legislatore compia una scelta forte e definitiva. Una scelta che potrebbe muovere, ad esempio, da una maggiore promozione di quei principi ormai radicati ed assorbiti nel nostro tessuto normativo che si rifanno al concetto di gestione integrata della zona costiera e di sostenibilità attraverso cui si sta cercando di ricucire l’esigenza di tutela ambientale e paesaggistica delle nostre coste con quella di consentirne un corretto sfruttamento economico.
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