In tema di dispensa dal servizio per superamento del periodo di aspettativa per infermità , l'art. 71 del D.P.R. n. 3 del 1957 dispone che “Scaduto il periodo massimo previsto per l'aspettativa per infermità dall'art. 68 o dall'art. 70, l'impiegato che risulti non idoneo per infermità a riprendere servizio è dispensato ove non sia possibile utilizzarlo, su domanda, in altri compiti attinenti alla sua qualifica (comma 1). Si applicano al procedimento di dispensa le norme di cui agli artt. 129 e 130 (comma 2)”.
L'intervenuta scadenza del periodo massimo di aspettativa per motivi di salute non comporta automaticamente l'estinzione del rapporto di servizio del dipendente, come ha opinato nella specie l’Amministrazione, ma attribuisce all'Ente la potestà di istaurare il procedimento di dispensa per motivi di salute nei suoi confronti, accertando mediante visita collegiale le relative condizioni di salute. Questo deve avvenire non prima ma dopo la scadenza del periodo massimo di aspettativa, come è precisato dall'art. 71 d.p.r. n. 3 del 1957 che rinvia agli art. 129 e 130 stesso decreto (l’abrogazione dell’art. 130 comporta il rinvio al d.p.r. 29.10.2001 n. 461, a norma di quanto espressamente dispone l’art. 19 del regolamento da ultimo citato).
Le fasi del procedimento inteso a conseguire la dispensa dal servizio del dipendente divenuto inabile per motivi di salute, contemplate dagli art. 71, 129 e 130 T.U. n. 3/57, in quanto destinate a tutelare l'impiegato nei cui confronti dovrà essere adottato il grave provvedimento della dispensa, devono essere rigorosamente seguite nella loro logica successione, pena l'illegittimità del provvedimento finale adottato (Cons. St., Sez. IV, 8.11.1994 n. 864).
Nel caso d specie, il provvedimento di dispensa era stato assunto nei riguardi del ricorrente “in modo automatico, per l’intervenuta scadenza dei richiamati due termini di 18 e 6 mesi – complessivi 24 mesi -, senza essere stata esperita la procedura prescritta dal su citato art. 71 del d.P.R. n. 3 del 1957: sottoposizione dello stesso a visita medico-collegiale con diritto all'assistenza di un sanitario di fiducia ed audizione”, in manifesta violazione della citata disposizione normativa.
Peraltro, come rilevato dal Collegio “nelle more del giudizio è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 28 del 2021, che ha ritenuto illegittimo l’art. 68 del d.P.R. n. 3 del 1957 (la cui applicazione nella specie è presupposta, avendo l’Amministrazione considerato il superamento del termine di 18 mesi ivi previsto e immediatamente dopo quello ulteriore di 6 mesi indicato all’art. 70), nella parte in cui, per il caso di gravi patologie che richiedano terapie temporaneamente e/o parzialmente invalidanti, non esclude dal computo dei consentiti diciotto mesi di assenza per malattia i giorni di ricovero ospedaliero o di day hospital e quelli di assenza dovuti alle conseguenze certificate delle terapie”. Ha osservato la Corte, infatti, che il mancato riconoscimento del periodo di comporto “manifesta una intrinseca irrazionalità che lo rende costituzionalmente illegittimo per violazione, sotto questo diverso profilo, dell’art. 3 Cost., con assorbimento del residuo parametro (art. 32 Cost.)”.
Di conseguenza, il provvedimento impugnato ha fatto applicazione di una norma costituzionalmente illegittima, avendo considerato nel periodo massimo di aspettativa per infermità anche i periodi in cui il ricorrente è stato ricoverato in struttura ospedaliera per gravi patologie, è stato annullato dal Tar.